Poesia Vagabonda 2013

28 e 29 SETTEMBRE 2013
BIBLIOTECA ARCHIMEDE - SALA PRIMO LEVI
SETTIMO TORINESE Piazza Campidoglio, 50 - ORE 17

ASSOCIAZIONE CULTURALE DUE FIUMI
in collaborazione con ECM, Biblioteca ARCHIMEDE e
CITTA’ di SETTIMO TORINESE

ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili
info tel 3398099472
mail: manricolaz@libero.it


giovedì 27 marzo 2008

Libretto

i testi pubblicati sul blog di Meteodiario
sono disponibili anche su carta
in un libretto che potete richiedere gratuitamente
inviando una mail con il vostro indirizzo a:

Traguardo e ripartenza

Al 21 marzo 2008 si conclude il viaggio
di meteogenova (Gianriccardo Scheri)
e meteosettimo (Enrico Mario Lazzarin)
attraverso l'inverno nelle due città in cui vivono.

Dopo 113 giorni e 258 poesie,
raccolte per esteso sui propri blog
e in sintesi su quello comune di MeteoDiario,
l'inizio della primavera è stato raggiunto.

Ora l'esplorazione prosegue nella stagione seguente,

con un cammino più lento e notizie meno frequenti,
ma sempre con gli occhi aperti e il dito sul tasto.

AL 21 GIUGNO!

mercoledì 26 marzo 2008

Meteo Reading_3

Gianriccardo Scheri ( meteogenova )
e Enrico Mario Lazzarin ( meteosettimo )
presentano la raccolta dei testi finora scambiati,
con una lettura in comune

STANZA DELLA POESIA - Piazza Matteotti - Palazzo Ducale - GENOVA
Sabato 29 marzo- dalle ore 17,00

con video presentazione del blog poetico "Meteo Diario"

a cura di "La Primavera dei Poeti / Les Drôles"


La scelta

Alla fine della settimana, fra i testi che abbiamo scritto ogni giorno,
ognuno ne sceglie uno proprio e uno dell'altro.
Così al lunedi ci sono 4 testi da pubblicare su Metro Diario.

Ecco i testi scelti da meteogenova
http://www.meteogenova.blogspot.com/
e meteosettimo
http://www.meteosettimo.blogspot.com/
per la settimana dal 17 al 24 marzo 2008

Con la data del 21 marzo
si è per ora conclusa la prima fase di MeteoDiario.

Genova


115_NAVE ALLA FONDA
(Genova, 24 marzo 2008, lunedi)

una nave dallo scafo rosso
attende alla fonda il suo turno d’ingresso:
la prua è rivolta al mare aperto,
all’origine odierna del vento,
alla collana di nuvole
distesa in mostra nel vassoio azzurro,
sul velluto blù appese in vetrina

il porto nel giorno festivo è deserto,
le grù in riposo senza muovere gambe
alzano le braccia indicando il motivo:
un cielo sereno rallenta ogni lavoro

l’occhio vi si perde, la mano esita,
la volontà è dubbiosa:
l’esempio evidente della primavera
rende forzato qualunque dovere,
per un istante, si avverte che il compenso fornito
non può ripagare le ore in cui ci viene tolta
la visione di tale soffitto

forse basta poco per rendersene conto
ma di sicuro costa molto,
invertire la rotta prima di farsi trovare in banchina:
nella notte invece aver preso il largo,
gettare in mare il carico che ci avevano affidato,
ammainare le bandiere di nazione ed armatore,
issare sul pennone l’unico segnale
di non servire né dominare

veniamo da un passato di navigazione in obbedienza,
di ripetuti consigli all’orecchio,
di esemplari modelli mostrati all’equipaggio,
di comandi scanditi sul ponte,
di ordini diffusi fra gerarchie

da una gabbia di ferro,
trasferiti da poco in una vasca di vetro:
strisciamo sulle pareti osservando come fuori
si alterni il buio col giorno,
la stagione fiorisca, maturi e decada,
e nell’acqua sempre più torbida,
la nostra vita riflessa abbia sulla coda
un marchio stampato e un prezzo imposto.
113_LA MINIERA
(Genova, 19 marzo 2008, mercoledi)

per un attimo prima di aprire,
spio all’esterno tra i listelli della persiana:
la brezza e il chiarore
risale agli occhi dalle strette fessure,
con la schiena ancora nella penombra e nel tepore,
prendo fiato per affrontare
l’aria libera e la luce diretta

come sulla soglia di un buio corridoio
che sbuca nell’arena,
di una profonda miniera da cui risalgo in superficie
e all’uscita ritrovo
i cumuli di scorie, gli attrezzi in disuso,
il pesco fiorito malgrado la fucina sempre in moto

un ascensore nella notte ci porta sul fondo
ad estrarre fino al mattino un ignoto minerale,
che alla luce non rivediamo mai forgiato
in utile o nobile metallo,
né incastonato in prezioso gioiello,
nè ornamento di collo, né insegna di corona

un misterioso elemento
che ci abbaglia mentre lo stacchiamo a colpi di martello
e avvicinandosi alla luce decade
in opaca scheggia di misera pietra,
un inesauribile giacimento di parole
in cui scaviamo a vita.

Settimo


(Settimo, venerdi 21 marzo 2008)_143

Si posa piano
il cucchiaino del caffè non adoperato,
sul piattino color crema.

E' pieno il bar
che si chiama “Il 143”
perchè sta al numero 143 di via della fantasia.
Esco dal bar e guardo la mattina,
la prima mattina di primavera:
sono arrivate le rondini,
e sotto il cornicione riparano i nidi dello scorso anno.
Si danno da fare
e di buona lena con becchi e ali
è tutto un lavorare.
Senza chiedere permessi all'ufficio tecnico,
allargano nidi, ne costruiscono altri,
e mai dove qualche uomo sciagurato
l’ha buttato giù l'anno prima.

Cammino nel viale e trovo un bigliettino infilato nel tiglio,
con su scritto:
ti ho amato tanto tanto e adesso sono stanco.
GINO.
(Settimo, mercoledi 19 marzo 2008)_141
IL PESCO CHE VORREBBE SAPER CANTARE

Tutto il pesco
è teso nell'ascolto di cinguettii lontani.
Vorrebbe saper cantare anch' esso,
magari anche stonare,
ma farsi sentire:
cantare l'arrivo delle nubi grigie ,
cantare per i fiori degli altri alberi, per le primule sotto di lui,
per il bambino che ieri si è lasciato sfuggire dalle mani il palloncino rosso,
per la ragazza che ha pianto,
per il suo amore finito senza parole,
senza un canto.

Per la pianura malata e sporca,
per il grande fiume,
per i suoi frutti che verranno,
per i ragazzi che li ruberanno.
Vorrebbe solo poter cantare,
una mattina
una mattina soltanto.

lunedì 17 marzo 2008

Genova


110_LA TAPPA ODIERNA
(Genova, 14 marzo 2008, venerdi)

a distanza di qualche coda un gatto insegue l’altro,
verso un richiamo di piatto, una mossa nell’erba:
così le nuvole in colonna col vento da dietro

come ciclisti in fila lungo il percorso,
della tappa odierna tra costa e collina:
come i pensieri che si rincorrono in competizione,
c’è chi non regge e si accosta,
qualcuno valuta forza e distanze,
tenta la fuga da solo e passa in testa,
mentre il resto del gruppo si snoda per i tornanti

quello che conta non è tagliare traguardi,
ma pedalare, cercando di spiegare a parole
ciò che si vede davanti alla ruota in corsa:
ogni tanto ci si volta per controllare gl’inseguitori,
poi si vola in discesa, asciugando il sudore
della salita superata

nel giorno che declina,
si beve un sorso e si piega la testa,
nella fatica di definire la meta che si allontana.
109_LIBERA MOSCA
(Genova, 13 marzo 2008, giovedi)

mi ha svegliato una mosca che ronza,
prigioniera per tutta la notte della mia stanza
e al chiarore dalla persiana picchia ora la testa nel vetro,
finchè non mi alzo a liberarla:
il mattino che ci aspetta fuori,
giustifica ogni tentativo di fuga

ora capisco l’insistenza dell’ospite forzato
nel cercare l’uscita:
la natura che si rinnova ci rende insofferenti
di ogni bavaglio di lana sulla bocca,
del colletto come guinzaglio alla gola,
dei bottoni che occupano tutte le asole
e ci rinchiudono in una pesante stoffa

il tumulto dilaga in tutta la città,
la folla scorre per le strade, s’ingolfa nella piazza,
preme alle porte dei palazzi, rifluisce nei vicoli:
vogliamo respirare un’aria non condizionata,
goderci all’aperto un sole in crescendo:
malgrado ogni periodo dell’anno sia utile allo scopo
e i precedenti storici che citano l’estate e l’autunno,
liberarsi in primavera è meglio.

Settimo


(Settimo, venerdi 14 marzo 2008)_136
IL MERLO SUL FICO NON ANCORA FIORITO

La collina sa aspettare,
non si fa ingannare
dalla luce nuova
e il cinghiale sposta la tana,
annusa l'aria,
sa che la notte è dura da passare in cerca di tuberi da mangiare
per poi ritornare,
prima che sia il contadino a parlare con un fucile.

I ciliegi sorpresi dai loro colori,
non vogliono che vada via la luce,
hanno paura di ritrovare tutti i colori
nella terra mischiati alla nebbia fredda,
che può ancora ferire, che può farli soffrire.
Il merlo li guarda incantato,
dopo si sposta sul fico non ancora fiorito,
e gli dice qualcosa
e poi vola via su una rosa.
(Settimo, lunedi 10 marzo 2008)_131
OMBRELLI PRESTATI

Dalle colline la pioggia,
in fondo la città che muta sta
a guardare passare
ombrelli a cui hanno tolto il tempo.

Il mio dimenticato chissà dove,
forse nel bar di Lina che non sa mai che ore sono,
tutte uguali le ore di Lina, la barista bambina.
Tutti uguali quelli che vanno lì in televisione
a parlare delle cose grandi del mondo,
della vita degli altri,
mi dice Lina,
tutti uguali come i clienti del bar.
Solo quelli senza ombrello sono i più simpatici
e mi domanda se l'ombrello va bene con i pois rossi
che così sembra una coccinella.
E lo sai che le coccinelle portano fortuna,
mi dice Lina,
basta vederne una.
Ma con questo tempo niente coccinelle, solo pioggia .

Esco,
apro l'ombrello che mi ha prestato Lina
e la pioggia è più sottile, è più fine.
Che quasi non bagna,
che quasi non bagna.

martedì 11 marzo 2008

Genova




106_A SUO TEMPO
(Genova, 7 marzo 2008, venerdi)

due pieghe si rincorrono in cielo,
un grigio lenzuolo si rimbocca
sotto una più scura coperta:
un letto agitato da un vento scalciante
che per tutta la notte ci ha sbuffato all’orecchio,
tra un tonfo e un cigolio,
infilando sotto la porta un fruscio incessante,
un biglietto in cui si presenta ospite mattutino

tirata da monte, la tela poi si apparecchia
come balza ricamata di una tovaglia
che tocca il mare:
il vento urta e dal tavolo cade ogni arredo,
la strada è coperta di cocci di vaso,
i giardini di foglie morte resuscitate dagli angoli,
di fiori appena sbocciati e già sparsi,
di mimose che hanno smorzato l’anticipato lume

a suo tempo
aver desiderato che cambi non mitiga l’inverno,
aver mosso appena un passo ad una stagione migliore
non accelera il decorso della presente,
aver inneggiato all’opposta direzione
non ci risparmia di percorrere questa,
in tutta la sua desolata estensione.
104_TRAVERSATA
(Genova, 6 marzo 2008, giovedi)

mentre chiudo le persiane,
una nave si stacca dal molo:
entrambi avviati al viaggio notturno,
nella penombra della stanza sicura
e nel buio del mare aperto

nel pieno della notte mi alzo dalla cuccetta,
barcollo, esco dalla cabina, rientro,
riprendo la rotta nel sonno:
ci rigiriamo avvolti nei lenzuoli,
rolliamo per le onde,
con un braccio fuori bordo
o chiusi sottocoperta,
esposti sul ponte al vento di prua
o col piumino tirato sulle orecchie,
con il conforto della bussola navighiamo di vedetta
oppure ogni coscienza è perduta
come le luci della costa scomparse a poppa

in solitaria traversata o con equipaggio a bordo,
alla fine del tragitto conta
entrare in un porto nuovo
o almeno un po’ diversi alzarsi dal solito letto.

Settimo


(Settimo, giovedi 6 marzo 2008)_127

La luce nuova ha svegliato le strade polverose della collina.
Nella città vicina c'è chi prepara la minestrina
con brodo di gallina,
e la sera va a dormire con pigiama di flanella,
quello della zia Ornella.

Il vento trascorso si è fatto vivo,
portando le foglie secche rimaste in angoli che adesso aperti dal sole,
scoperti dalla luce e da sguardi rubati dei netturbini,
non sanno cosa diventare:
essere vento per un pomeriggio o essere polvere fino a ferragosto ?

Mentre in gelateria si scelgono gusti tra quelli nuovi:
Liquirizia e Genziana.
E sulla cresta della nuvola svanita via, si pensa al tempo di domani.
Al cono da 2 euro con 4 gusti.
(Settimo, martedi 4 marzo 2008)_125
NINA

"Le previsioni erano che restassi per almeno tre mesi a lavorare al Call Center !"
"Cos’è successo?"
"Mi hanno licenziato !"
"Ma se non avevi ancora fatto la settimana di prova..."
"Beh, è che ho cercato di fare qualcosa .."
"Cazzo, che vuol dire ?"
"Che ho cercato di organizzare una protesta, ma qualcuno è andato dal direttore,
che mi ha chiamato dicendo che non avevano più bisogno di me
e di passare a prendere l'assegno per i sei giorni lavorati
e questo è tutto."
Nina guarda la sorella che ha di fronte,
una bella mattina annuncia il sabato,
fuori la gente che va al mercato cammina con il sole .

Nina sbuffa, la sorella Maria le dà un buffetto sulla guancia, poi le dice:
"Dai che andiamo a prendere Roberta, pranziamo da lei !"
Sorride Nina, pensando che alcune colleghe si stanno organizzando
per la protesta al Call Center della ditta di materassi “Sonno Più” .
Il direttore non potrà licenziarle tutte, o forse si…
Le nuvole verso le montagne sono una minaccia,
ma sono lontane.
Ora il sole splende sulla bocca sorridente di Nina.

mercoledì 5 marzo 2008

Genova


96_VIAGGIO NOTTURNO
(Genova, 28 febbraio 2008, giovedi)

una figura intera nel riquadro della finestra,
un ritratto in piedi nella cornice,
prima che la luce sia strisce di persiana:
buonanotte sconosciuti passeggeri ai vetri
dei treni allineati sul binario della via

a semaforo verde, scambio aperto, libero segnale,
con vapore senza freno di valvola,
corre il convoglio dormiente
a elevata velocità trapassa stazioni deserte,
apparse a lampi di neon e confusi cartelli

tirate le tendine, coricati sui sedili,
il viaggio notturno col biglietto sotto il cuscino
prosegue nel buio delle ore più fonde,
lasciandosi dietro per tutto il cielo
una frase di nuvole bianche a sbuffi di fumo.
95_RASATURA
(Genova, 27 febbraio 2008, mercoledi)

nella foschia, la collina s’incipria di rosa e perla,
dietro il velo si diffonde
una peluria di tenerissimo verde:
al passaggio della mano, il mento ispido
mi riporta alla periodica cura

radersi la barba è l’occasione
per misurare quanto di se stessi ancora è sopportabile,
così costretti a guardarsi da vicino:
un rivolo d’acqua scorre a clessidra,
il rassoio avanza nel campo di sapone,
la mente divaga tra ricordo e futuro
con le smorfie per tendere la pelle,
per disporre il pelo nel verso più adatto alla lama,
esaminare con precisione i casi propri e i destini del mondo,
in alternato studio delle guance
mentre nello scarico scivola la schiuma con obblighi e piaceri.

Settimo


(Settimo, giovedi 28 febbraio 2008)_120
LA RAGAZZA DELLA PISCINA

Quasi tutti sono andati via,
sola è rimasta la ragazza della piscina:
istruttrice di nuoto,
ha passato i quarantanni,
da 21 è insegnante e ne ha visti di nuotatori.

Ha insegnato a generazioni di ragazze e ragazzi,
molti per strada la salutano, lei risponde gentile
ma non li ricorda tutti.
Ricorda Marco che l’ha mollata,
ma lei sapeva già tutto, fin dall’inizio della storia con il collega più giovane,
14 anni li separavano.

Adesso è sola, tutta la piscina illuminata:
ha riposto il costume e la cuffia per i capelli nel borsone nero
con la scritta della società che gestisce la piscina.
Guarda l'ora, è tardi, le 22,30.
Esce.
Il cielo è terso senza luna,
Barbara vede il pulman vuoto che torna al deposito giù in città.
Sale in auto, mette un cd di Antonello Venditti che canta "Sara".
Mette in moto e si avvia verso casa:
“Sara svegliati, è primavera, Sara aspetti un bambino..”.

Barbara si accarezza la pancia, è al quarto mese
e qualcuno in piscina le ha detto "Non sarai mica incinta.."
lei sorridendo, "Alla mia età..."
Mentre parcheggia la macchina sotto casa,
pensa che deve dirlo a qualcuno, magari a sua zia Luciana,
pensa di farlo domani quando si vedranno alla pasticceria .
Poi sussurra, mentre chiama l'ascensore, “Alla mia età !”.
(Settimo, martedi 26 febbraio 2008)_118

La nebbia questa notte è svanita via
senza vento
solo le nuvole basse da est
hanno fatto vedere pezzi di cielo senza luna.
Sottili ombre disperse in altre ombre
hanno portato la mattina e il cielo pieno di nuvole basse.
La pianura si è vista il ventre sgombro dalla nebbia,
poi si è girata su un fianco
come per dormire ancora,
ma i gabbiani del fiume grande
volando in cerchi l'hanno fatta alzare.
Poi sono passati da una sponda all'altra
cercando il sole che ha tardato.
La città ha intravisto le montagne
sentendo la luce nuova arrivare .